21.1.08

Italia mia




Va bene che la sentenza ha statuito (grazie comunque all'operato di magistrati discutibili...) che Cuffaro non è un mafioso, ma ha favorito solo indirettamente Cosa Nostra, lui, lovero piccolo sprovveduto che non aveva idea di raccontare informazioni riservate ad amici e conoscenti collusi...fatto sta che le informazioni le ha passate e per ora gli hanno dato 5 anni, ma c'è sempre l'appelo.
Di contro tutti i suoi amici, il partito e i suoi più accaniti elettori hanno fatto cordone attorno a lui difendendolo a spada tratta e difendendo la sua posizione di eterno governatore della Sicilia.
Sotto processo, riconosciuto colpevole, quanto meno, uno, per onestà intellettuale, soprattutto se sa veramente di avere la coscienza a posto, dovrebbe dimettersi per dar modo alla giustizia di fare per bene il suo corso senza tutti gli impicci che la posizione di Presidente di Regione comporta. Invece lui, come tutti i suoi maestri politici gli hanno ben insegnato, non molla la presa dal suo seggiolone e ci si gongola ridacchiando. Come Andreotti, Berlusconi e via dicendo con la lunghissima fila di nomi che vi risparmio, tanto già li conosciamo tutti.
Poi c'è il caso Mastella e moglie, e anche lì...che schifo! Fa veramente venire il vomito l'idea che un Paese sia governato da una classe politica che, dai livelli iù bassi a queli più alti, è peritissima nell'esercizio del clientelismo, dell'abuso d'ufficio, della corruzione...perché non è un sistema politico basato sul principio del "do ut des", manca la responsabilità politica diffusa dei politici, mancano sistemi di controllo e tutto si risolve in un giro di marchette mutuamente tollerate e praticate. Manca un'ideologia, manca una teoria programmatica, manca qualunque vero elemento politico: il nostro è un sistema anti-politico per definizione, e intanto tutti fanno i loro porci comodi a spese dei cittadini, a spese del futuro dei nostri figli e nipoti, a spese della gente onesta che purtroppo ancora si fida nei paroloni reotrici e altisonanti che qualche stronzo vomita dai palchi.


"Italia mia, benché 'l parlar mio sia indarno
a le piaghe mortali
che nel bel corpo tuo sì spesse veggio,
piacemi almen che' miei sospir sian quali
spera 'l Tevero e l'Arno,
e 'l Po, dove doglioso e grave or seggio."
Petrarca, Rime, CXXVIII

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